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AttivismoIl rinnovato interesse per l’intervento pubblico in economia

14/11/2021
Stato imprenditore e aiuti di Stato nel quadro dello sviluppo della governance economica dell’UE e del caso italiano: un’analisi ricostruttiva dell’intervento pubblico nella prospettiva d’indagine economico-aziendale.

L’intervento pubblico in economia costituisce un tema di rinnovato interesse per accademici e policy-makers. Le reazioni delle istituzioni pubbliche alla crisi finanziaria del 2007 e poi a quella economico-sanitaria ancora in corso del 2020, soprattutto, sembrano testimoniare un’inversione di tendenza rispetto al paradigma “non interventista” egemone nella stagione precedente. Le ragioni sembrano comunque da reperire in fattori che affondano le proprie radici in un processo di maturazione già in corso, che ha certamente subito un’accelerazione nell’ultimo decennio. Ciò comporta la possibilità di tornare oggi a guardare all’intervento pubblico nella sfera economica e sociale come a una risposta possibile di fronte agli scompensi del mercato e all’insufficienza dell’iniziativa privata, in una prospettiva non solo di regolazione e governo, ma anche di promozione dello sviluppo economico.

In questo documentato e ricco lavoro, Sabato Vinci, economista dell’Università degli Studi Roma Tre, traccia un quadro riepilogativo sui principali punti fermi che hanno rappresentato fino ad oggi la linea di demarcazione tra azione pubblica e libero mercato nel contesto dell’Unione Europea, con particolare riferimento a ciò che risulta più rilevante nel caso italiano.

L’intervento pubblico diretto in Italia risale ai primi del ‘900, partendo dal campo dei servizi pubblici – la legge Giolitti sulle municipalizzazioni del 1903 – ed estendendosi poi al campo industriale con l’istituzione dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale nel 1933. Lo stesso “miracolo economico” degli anni ‘60 è (in gran parte) una conseguenza della capacità dello Stato di promuovere sviluppo, grazie principalmente al ruolo assunto dalle imprese pubbliche (imprese-organo ed enti pubblici economici) e da enti straordinari dello Stato (per esempio la Cassa per il Mezzogiorno).

Una tradizione d’intervento pubblico di simile intensità vi è nel caso tedesco e soprattutto in quello francese, dove l’impianto culturale, amministrativo ed economico dello Stato imprenditore è stato in gran parte preservato anche negli anni delle privatizzazioni (anni ’90). L’Europa in generale ha, così, lungamente guardato all’intervento pubblico in economia, sia nella variante liberale di impostazione keynesiana (che non implicava la proprietà pubblica delle imprese), sia nella variante socialdemocratica (che invece considerava la proprietà pubblica delle imprese strategiche come una priorità politica).

La crisi dello Stato imprenditore in Europa può essere collocata negli anni ’70, sostenuta a livello teorico anche da un importante movimento culturale proveniente dagli USA (principalmente dalla Scuola di Chicago). Con particolare riferimento al contesto europeo, i processi di indebolimento del ruolo attivo dello Stato in campo economico – almeno nella concezione tradizionale dello stesso – hanno trovato il proprio sbocco istituzionale finale nel Trattato firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992. L’impostazione di fondo del Trattato, profondamente ispirata ai valori del libero mercato e della concorrenza, ha prodotto di fatto importanti freni per le imprese pubbliche, con particolare riferimento alla possibilità per le stesse di operare in regime di monopolio o condizioni di vantaggio, nonché a finanziarsi a condizioni diverse da quelle di mercato.

Le nuove regole in materia di aiuti di Stato sono così divenute l’indispensabile presidio dell’Unione Europea contro le interferenze del pubblico nel libero gioco del mercato, favorendo la liberalizzazione e l’apertura dei mercati nazionali, nonché la privatizzazione delle imprese a partecipazione statale in contesti in cui le stesse non fossero ritenute in condizioni tali da operare in regime di mercato.

I significativi mutamenti dal 1992 a oggi si sono manifestati nello scenario competitivo interno ed esterno all’UE e la recente crisi pandemica da covid-19, sembrano tuttavia aver rimesso in discussione alcune delle premesse dell’idea neutralista in economia (ispirata prevalentemente al modello teorico dello Stato regolatore), preannunciando un possibile cambiamento di scenario che parte dalla riscoperta del ruolo attivo del pubblico in campo economico, sociale e industriale (Stato interventista).

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