La promozione dello stile di vita europeo: da occasione per l'UE a modello di riferimento possibile per i popoli oppressi nel resto del mondo.Il cambio di paradigma, da “protezione” a “promozione”, di uno dei 6 pilastri su cui si fonda la proposta politica della Commissione europea, anche in comparazione con il sistema USA; con un particolare sguardo e analisi del caso Iran e la sua “generazione Instagram” per illustrare come i social network possano rappresentare una via utile attraverso la quale comunicare al di là del muro eretto dal regime degli Ayatollah
Lo scopo di questo approfondimento è capire come la portata valoriale che si cela dietro il dossier “promozione dello stile di vita europeo”, uno dei 6 pilastri su cui si fonda la proposta politica della Commissione europea targata Ursula von der Leyen, possa potenzialmente rappresentare uno dei modelli di riferimento possibile, al pari degli USA, anche per chi guarda da fuori confine, soprattutto attraverso i social network.
Approfondiremo il “caso Iran” e la storia del travagliato rapporto regime-popolazione social network in uno dei paesi più isolati (diplomaticamente ed economicamente), focalizzandoci sulla sua “generazione Instagram”, intesa come segmento di popolazione più giovane (e numericamente più rilevante) con una forte e innata attitudine al digitale.
L’art. 2 del Trattato di Lisbona, secondo la Presidente della Commissione, racchiude i valori comuni ai quasi 500 milioni di europei: sono conquiste da non dare per scontate e da rivitalizzare e promuovere costantemente. Il preambolo del Trattato traccia la strada: “…ispirandosi alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza e dello Stato di diritto, confermando il proprio attaccamento ai principi della libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nonché dello Stato di diritto…” . L’art. 2, invece, entra nello specifico: “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”. Queste premesse rappresentano il minimo comune denominatore tra tutti gli europei, faticosamente conquistato nel corso dei secoli. Rappresentano anche la definizione della qualità della nostra democrazia, il solco entro il quale è opportuno muoversi anche rispetto ai rapporti con i Paesi extra UE.
Vedremo come la tv, internet e i social network hanno rappresentato dei veicoli straordinari di informazione e di comunicazione politica sia orizzontale che verticale. La prima comprende la relazione ed il confronto tra i cittadini di una stessa comunità, la seconda si riferisce alla relazione con il mondo esterno. Gli USA, ed in particolare l’Amministrazione Trump, li ha utilizzati sapientemente per comunicare direttamente con i cittadini iraniani (spesso con una comunicazione in lingua farsi), mostrando il sostegno americano alle loro battaglie per la conquista della libertà contro il regime sorretto dal loro Presidente Rouhani e dalla Guida suprema Khamenei. Gli USA sanno perfettamente che se riuscirà il Regime change, potrà avvenire solo dall’interno e solo grazie ad una rivoluzione del popolo persiano.
I social network più diffusi al mondo sono nati negli Stati Uniti e sono stati da subito utilizzati come mezzo di comunicazione politica, all’interno ed all’esterno dei confini, approfittando della loro capacità di penetrazione virale in tutti i paesi del mondo e sono stati strumenti importanti per raggiungere direttamente le popolazioni, aggirando la censura dei mezzi di informazione praticata dai regimi. Basti pensare che nel 2009, in concomitanza con l’ondata di proteste in Iran, il Dipartimento di Stato statunitense prese addirittura l’insolita iniziativa di chiedere a Twitter di rimandare la manutenzione programmata del proprio sito, che altrimenti sarebbe stato offline proprio all’apice delle proteste elettorali a Teheran. Questo rimarca il ruolo politico e diplomatico riconosciuto dall’Amministrazione americana a questo social network nato solo pochi anni prima (2006) ma è anche un chiaro esempio del passaggio dalla cosiddetta “diplomazia segreta” ad una “diplomazia aperta” e pubblica atta ad informare costantemente cittadini ed osservatori.