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AllargamentoSerbia, i pro e i contro di un’adesione contrastata

04/08/2023
Un aggiornato report sul contrastato percorso di adesione all’Unione europea. Con i problemi Kosovo e Russia sullo sfondo, ma anche un nuovo impegno della Serbia nelle iniziative di cooperazione regionale. L'importanza di un dialogo facilitato con l'Unione europea

La Serbia è stata parte della Jugoslavia fino al 1992, successivamente ridotta alla sola unione statale di Serbia e Montenegro ma, in seguito al referendum del 21 maggio 2006, il Montenegro ha votato per l’indipendenza, la federazione è stata sciolta e la Serbia (così come il Montenegro) è divenuta uno stato sovrano. Nel 1999 la provincia autonoma del Kosovo venne posta sotto il protettorato internazionale Unmik e Nato con la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite numero 1244 del 1999, che prevedeva l’elezione di un parlamento locale; falliti i negoziati che avrebbero dovuto definirne lo status, il parlamento del protettorato ha approvato la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo il 17 febbraio 2008. Sebbene sia iniziato un processo di normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina, sostenuto da Bruxelles e indispensabile per l’adesione all’Ue della Serbia, quest’ultima non riconosce il Kosovo come stato sovrano. La repubblica di Serbia ha presentato domanda di adesione all’Unione europea il 22 dicembre 2009.

“Il percorso di adesione dei Paesi candidati all’ingresso in UE viene puntualmente minato da proposte di riforme dei trattati provenienti da Parigi”, esordisce Andrea Picchielli nello studio intitolato “L’impegno della Serbia nelle iniziative di cooperazione regionale e l’importanza di un impegno costruttivo nel dialogo facilitato dall’Unione europea”. L’attendismo di Emmanuel Macron, più volte espresso “rischia di espandere lo scetticismo verso il processo d’integrazione Ue. Nei Balcani, gli effetti collaterali della proposta di Macron sarebbero però di natura geopolitica e geoeconomica, in un momento in cui si esercita pressione affinché la Serbia si allinei alle sanzioni contro il suo alleato russo ed in cui i diversi governi locali iniziano a interrogarsi sui futuri approvvigionamenti di energia, al momento garantita quasi esclusivamente proprio dalle importazioni dalla Russia”.

Montenegro e Serbia erano considerati capofila dei Balcani nel processo di integrazione all’Ue. “La visione di Macron relegherebbe la Serbia al di fuori dell’Unione, senza però privarla dei fondi comunitari, nonché dell’interscambio commerciale coi paesi Ue. Come ha sottolineato lo stesso Vučić, l’UE è il principale investitore in Serbia, con il 67% degli investimenti provenienti dai suoi membri. Inoltre, tra il 2014 e il 2020, gli strumenti di pre-adesione hanno portato a Belgrado un totale di 11,7 miliardi di euro”.

Nel report sulla Serbia, Picchielli ripercorre a ritroso le tappe del processo di integrazione dei Paesi dei Balcani occidentali, a partire addirittura dall’apertura del processo di stabilizzazione e adesione del giugno 1999. Analizza poi le posizioni recenti di Svezia e Spagna sulla Serbia, per concentrarsi sulle relazioni con la Russia, definite “strette e sfaccettate, caratterizzate da legami culturali, storici e politici”, ma anche da cooperazione politica, energetica, militare economica, nonché interpersonali a tutti i livelli.

L’Ue sembra rendersi conto della crescente minaccia dell’influenza russa nei Balcani occidentali e così anche la Germania che guarda da sempre con attenzione ai Balcani. L’Ue deve convincere il presidente Aleksandar Vučić che la Serbia deve scegliere tra l’integrazione europea e la sottomissione alla Russia. Senza considerare l’ulteriore fattore di instabilità costituito dalla Bosnia-Erzegovina, dove il membro serbo della presidenza tripartita, Milrad Dodik, attualmente presidente della republika Srpska che manifesta tendenze secessioniste e simpatia nei confronti di Mosca. Lo stesso giorno in cui la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina, è stato raddoppiato il personale della missione Eufor in Bosnia-Erzegovina. È perennemente conflittuale il rapporto della Serbia con la vicina Croazia.

La console generale della Serbia a Trieste, Ivana Stojiljković, intervistata da Picchielli, ha detto che la Repubblica di Serbia si sta dedicando al dialogo con i vicini e con le istituzioni comunitarie con “sforzi aggiuntivi rispetto al passato” anche grazie all’iniziativa “Open Balcan” che intende rendere libero il flusso delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali tra i tre Paesi fondatori, cioè Albania, Macedonia e la stessa Serbia. Relativamente alle questioni militari, la console ha dichiarato che “la neutralità militare rappresenta una scelta del popolo e dei leader della Serbia, basata sulla storia ma anche sui bisogni del nostro paese. Noi siamo fermamente convinti e lottiamo per l’indipendenza decisionale e per la libertà. Non vogliamo esporre al pericolo nessuno e non vogliamo che nessuno ci esponga al pericolo”. Ha poi motivato in questo modo la sua astensione sulle sanzioni alla Russia: “La Repubblica di Serbia è stata attaccata nel 1999, in assenza dell’approvazione del Consiglio di Sicurezza delle Onu, nonostante il nostro Paese non abbia occupato nessun altro Stato. Per anni abbiamo sopportato le sanzioni. Il nostro Paese è stato attaccato nonostante la Risoluzione e l’esistenza dell’ordinamento giuridico e ancora oggi ci viene chiesta una parte del nostro territorio che storicamente ci appartiene”.

Picchielli si chiede che cosa dovrebbe fare l’Unione europea per rendere la Serbia più stabile. Continuare il processo di allargamento, sottolineare l’importanza dello Stato di diritto e della trasparenza e del buongoverno in Serbia, incoraggiare la cooperazione regionale, promuovere lo sviluppo economico e gli investimenti, incoraggiare gli scambi culturali, rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza. Quindi analizza i pro e i contro l’adesione della Serbia all’Unione europea e raccoglie i pareri di europei e serbi rispetto all’adesione.

Non restano che i suggerimenti per il Gruppo Identità e Democrazia. Che dovrebbe sostenere la riconciliazione con il Kosovo, svolgere un ruolo più attivo per favorire l’adesione, sostenere lo Stato di diritto e il sistema giudiziario serbo, promuovere la tutela dei diritti umani, incoraggiare la cooperazione transfrontaliera. Picchielli propone, infine, che il Gruppo ID spinga le autorità serbe a intraprendere davvero le riforme necessarie per l’integrazione nella Ue (in particolare la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata), che chieda uno stop all’importazione di armi da Russia, Bielorussia e Cina aumentando invece la cooperazione con l’Ue. Che poi spinga la Serbia a una maggiore trasparenza nelle relazioni con la Cina. E, ancora, appoggi il processo di decentramento della provincia autonoma della Vojvodina.

Report Serbia Gruppo ID

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