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Public diplomacyLa strategia di cooperazione UE per l’Indo-Pacifico

14/05/2021
Con l’ambizione di diventare un attore sulla scena globale, la UE elaborerà entro il settembre del 2021 una strategia di collaborazione a lungo termine per un impegno nell’Indo-Pacifico. Il punto della situazione nella regione sempre più strategica per l’economia mondiale, sottoposta a forte pressione cinese.

Le attuali dinamiche nella regione dell’Indo-Pacifico hanno dato luogo a un’intensa concorrenza geopolitica, che si aggiunge alla crescente pressione sul commercio e sulle catene di approvvigionamento, nonché alle tensioni nelle aree tecnologiche e di sicurezza. Il sessanta per cento del commercio marittimo mondiale passa attraverso i suoi oceani, di cui un terzo attraverso il mar Cinese Meridionale: se ci fossero interruzioni, come successo recentemente nel canale di Suez, le nostre economie e le catene di valori più sofisticate a livello mondiale subirebbe un effetto strozzatura. “L’UE ha un grande interesse nella regione indo-pacifica e ha tutto l’interesse che l’architettura regionale rimanga aperta e basata su regole”. (https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/96741/eu-strategy-cooperation-indo-pacific_en).

L’Indo-Pacifico è area geografica soprattutto marina che va dalla costa orientale dell’Africa fino alle isole dell’oceano Pacifico, dove si trova circa il 60% della popolazione mondiale e risiedono potenze economiche come Cina, India, Giappone, ma anche la Repubblica del Sud Corea e i dieci altri Stati che aderiscono all’ASEAN – Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (https://asean.org/asean/asean-member-states/).

Come afferma il Consiglio dell’Unione europea nelle conclusioni del 19 aprile 2021: “L’Ue ha bisogno di rafforzare la sua attenzione e la presente cooperazione nella regione per contribuire alla stabilità, sicurezza e prosperità della stessa” (https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-7914-2021-INIT/en/pdf).

Con l’ambizione di diventare un attore sulla scena globale, la UE elaborerà entro il settembre del 2021 una strategia di collaborazione a lungo termine per un impegno nell’Indo-Pacifico, tenendo presenti i propri interessi geopolitici, economici e di sicurezza e sostenendo i propri valori, promuovendo la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani e il diritto internazionale. “La collaborazione deve essere stretta con partner che condividano questi valori, nello specifico Giappone, India, Corea del Sud, Nuova Zelanda, Australia e alcuni Paesi dell’ASEAN)”, ha riferito Gunnar Wiegand, direttore generale del servizio di azione esterna dell’Unione europea (EEAS) per l’Asia e il Pacifico, durante uno scambio di vedute con gli europarlamentari membri della commissione affari esteri (AFET), lo scorso 23 aprile. (https://multimedia.europarl.europa.eu/en/committee-on-foreign-affairs_20210423-1400-COMMITTEE-AFET_vd).

Anche il G7 di Londra (maggio 2021) ha ribadito l’importanza di mantenere un Indo-Pacifico libero e aperto “che sia inclusivo e basato sullo stato di diritto, i valori democratici, l’integrità territoriale, la trasparenza, la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali e la risoluzione pacifica delle controversie”. I ministri degli esteri del gruppo dei 7 hanno sottolineato l’intenzione di collaborare con l’ASEAN e altri Paesi su questi sforzi attraverso un’ampia gamma di attività “Come priorità, sottolineiamo l’importanza di migliorare la connettività regionale attraverso lo sviluppo di infrastrutture di qualità e progetti coerenti con i Principi del G20 per gli investimenti in infrastrutture di qualità e i più elevati standard di trasparenza, transizione verde e digitale”. (https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/97842/g7-foreign-and-development-ministers%E2%80%99-meeting-communiqu%C3%A9_en)

Nella regione le tendenze egemoniche della Cina che sono forti. “Le sfide più importanti del 21° secolo si giocano lì. Siamo in una fase delle relazioni internazionali nelle quali abbiamo davvero bisogno di far intendere alla Cina che prendiamo molto sul serio lo scontro tra modelli di civiltà umana”, ha ricordato Anna Cinzia Bonfrisco, durante l’audizione. L’amministrazione statunitense Biden ha già trovato modo di riaffermare il proprio interesse verso la regione, nel corso del Dialogo di Sicurezza Quadrilaterale (QUAD) con i leader di Giappone, India e Australia (e in un bilaterale con la Corea del Sud). I quattro hanno annunciato di voler collaborare a una “Supply Chain Resilience Initiative” e al coordinamento in quest’area, per darsi regole e standard comuni. Nella dichiarazione congiunta del 12 marzo 2021, “The Spirit of the QUAD” (https://www.whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2021/03/12/quad-leaders-joint-statement-the-spirit-of-the-quad/), i membri di QUAD hanno descritto “una visione condivisa per un Indo-Pacifico libero e aperto” e un “ordine marittimo basato su regole nel Mar Cinese Orientale e Meridionale”, per contrastare le rivendicazioni marittime cinesi. Il QUAD si è impegnato per la risposta alla crisi originata dalla pandemia e ha tenuto un primo incontro QUAD Plus, che includeva rappresentanti di Nuova Zelanda, Corea del Sud e Vietnam, per lavorarvi. Ampiamente vista come l’intenzione di frenare “il crescente potere della Cina”, la dichiarazione congiunta del QUAD ha attirato le critiche del ministero degli esteri cinese, che ha affermato che il QUAD “incita apertamente alla discordia” tra le potenze regionali in Asia. L’India, d’altra parte, “sente” il problema Cina direttamente al confine di casa e subisce violazioni di sovranità nel corridoio economico Cina-Pakistan. Come potenza emergente e come civiltà millenaria, al pari della Cina, intende trovare una formula di relazioni reciproche, che siano rispettose dei differenti interessi e priorità (https://www.mea.gov.in/Speeches-Statements.htm?dtl/33419/Keynote+Address+by+External+Affairs+Minister+at+the+13th+All+India+Conference+of+China+Studies).

La regione indo-pacifica rappresenta il centro di gravità economico e strategico del mondo. Produce il 60% del PIL globale, contribuendo ai due terzi dell’attuale crescita globale. Entro il 2030, la stragrande maggioranza (90%) dei 2,4 miliardi di nuovi membri della classe media che entrano nell’economia globale vivrà nell’Indo-Pacifico. Sebbene in alcuni Paesi l’universalità dei diritti umani venga ancora messa in discussione. È una regione in rapido sviluppo tecnologico ed economico: i due terzi delle richieste di brevetti vengono proprio da quest’area così dinamica. (https://eeas.europa.eu/sites/default/files/eu-indo-pacific_factsheet_2021-04_v.5.pdf)

“Sappiamo anche che quella regione ha sempre più pressioni e contestazioni di acque territoriali, quindi c’è un’intensa concorrenza con un rafforzamento delle forze militari: per quanto riguarda la spesa militare della regione, è passata dal 20 del 2009 al 28% di due anni fa”, ha riferito Wiegand.

La UE è distante a livello geografico, ma i legami sono forti per investimenti economici, ricerca e sviluppo e per il trasporto marittimo. Le minacce di instabilità o di insicurezza significherebbero ripercussioni economiche per la UE a causa dell’interdipendenza e delle forti interconnessioni che si sono sviluppate. “Qualunque sforzo deve essere compiuto per allentare le tensioni geopolitiche anche con la collaborazione nella sicurezza. Segnalo anche che gran parte delle terre rare che sono necessarie per le nostre massime priorità, per esempio l’economia verde e l’economia digitale, ebbene si trovano proprio sulla costa del Pacifico, in Cina”, ha riferito ancora Wiegand.

A sentire sempre il direttore generale, l’UE continuerà la politica di partenariato con una varietà di accordi di carattere strategico nonché di libero scambio con Giappone e Corea del Sud, con l’Asean e un forte impegno con l’Australia. L’India manifesta un forte interesse che la UE vuole ricambiare. Esistono già una serie di progetti pilota con alcuni Paesi dell’area (India, Giappone, Corea, Indonesia, Singapore e Vietnam) per una maggiore collaborazione che va dalla cybersicurezza alla sicurezza in mare.

“Da un lato, sono soddisfatta che Consiglio Europeo abbia voluto dare una definizione più ampia, olistica e soprattutto più europea, affiancando l’ordine internazionale fondato su regole a concetti europei quali le condizioni di parità, la reciprocità, il rafforzamento della resilienza, la lotta ai cambiamenti climatici e il sostegno alla connettività con l’UE. Concetti che riflettono la capacità dell’Unione di agire internazionalmente con strumenti politici, diplomatici, militari, economici, scientifici e culturali”, ha poi interloquito Bonfrisco. “Tuttavia, rimango perplessa sul fatto che, a oggi, non si sia riusciti a investire sufficientemente intanto nella diplomazia navale, che storicamente è uno strumento di indiscusso successo diplomatico e di avanzamento degli interessi”. Ha poi chiesto “I tempi e le fasi attraverso i quali il Servizio Esterno intenda promuovere le piattaforme di cooperazione tra le marine della regione quali l’operazione Atalanta, la Presenza Marittima Coordinata e il programma Crimario II”.

Si tratta di progetti specificamente elaborati per la regione o che possono estendere il loro raggio d’azione all’Indo-pacifico. Il Crimario II è l’iniziativa dell’Unione europea per le Rotte marittime critiche nell’oceano Indiano, sviluppata per supportare i Paesi e le organizzazioni partner per garantire linee di comunicazione marittime vitali per il commercio internazionale e la prosperità (https://www.crimario.eu/en/2020/06/11/maritime-security-eu-crimario-initiative-starting/). La European Union Naval Force Somalia-Operazione Atalanta (https://eunavfor.eu/) è stata lanciata a fine 2008 per scoraggiare, prevenire e reprimere la pirateria e per proteggere le navi vulnerabili e le spedizioni umanitarie al largo delle coste della Somalia. La Presenza Marittima Coordinata, infine, è un caso pilota nel golfo di Guinea per affrontare le crescenti sfide in materia di sicurezza, quali la pirateria armata e i sequestri a scopo di estorsione, che compromettono la sicurezza marittima e la buona gestione degli oceani (https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2021/01/25/gulf-of-guinea-council-conclusions-launching-the-pilot-case-for-the-coordinated-maritime-presences-concept/).

Abbiamo esercitazioni navali congiunte con il Giappone, vicino a Gibuti e Oman e con la Corea che partecipa alle operazioni navali dell’UE di fronte al Corno d’Africa, ha risposto Weigand. Ma non siamo da soli a sviluppare una strategia dell’Indopacifico: Francia, Germania e Paesi Bassi hanno già un proprio approccio strategico che hanno costruito negli ultimi tre anni. Con Australia, Giappone e Regno Unito e 10 Paesi dell’ASEAN, il Canada si sta preparando per la sua strategia dell’Indopacifico. Siamo in ottima compagnia! Non siamo però ancora presenti in alcuni settori, come sicurezza e salute, così come siamo invece attivi per il commercio e lo sviluppo, il cambiamento climatico o l’ambiente. Operiamo nell’Indopacifico per contrastare le minacce alla cybersicurezza. E, poi, la pandemia da covid-19 ha dimostrato quanto sia interdipendente il nostro mondo: dobbiamo collaborare su scala mondiale magari sui metodi di contrasto della pandemia, garantire l’accesso ai vaccini, creare le giuste condizioni per la ripresa socio-economica”.

Il parlamento europeo è interessato ai filoni dell’interconnessione e della sicurezza. Diversamente dal caso dell’Africa non c’è ancora una strategia complessiva per la regione dell’Indo-pacifico: ci sono strategie specifiche per i singoli Paesi e una politica speciale per il Giappone, per la Cina, per l’India e poi per l’ASEAN. La nuova strategia di cooperazione per l’Indo-Pacifico prevede che l’Europa sia flessibile nello stabilire un partenariato con il maggior numero di attori per conseguire i suoi obiettivi politici e promuovere i valori europei, sempre basati sul multilateralismo e sul rispetto dell’ordine basato sulle regole, sul diritto internazionale e in particolare sul diritto del mare, la democrazia, lo stato di diritto e i diritti umani. L’Europa intende cooperare con partner che condividano questa mentalità, promuovendo la stabilità e concretizzando la prosperità nella regione.

“Vi sentite sufficientemente strutturati riguardo la comunicazione strategica che accompagna la nuova strategia e la diplomazia navale, ai fini di contrastare disinformazione e propaganda soprattutto da parte della Cina?”, ha chiesto ancora Bonfrisco. La UE ha una specifica divisione Comunicazioni strategiche (“StratComms”) e le sue task force contribuiscono a una comunicazione efficace e basata sui fatti, contrastando appunto la disinformazione, il posizionamento narrativo e il rafforzamento dell’ambiente mediatico generale e della società civile nelle regioni corrispondenti. Essa guida gli sforzi dell’Unione europea nella dimensione pubblica della diplomazia europea e la sua comunicazione sugli affari esteri e la politica di sicurezza, nonché la sua azione esterna in senso più ampio.

La necessità di comunicare più efficacemente mi trova d’accordissimo. Abbiamo cercato di arrivare più vicini alle opinioni pubbliche dei Paesi della regione. Anche in Europa si parla di più delle possibilità offerte dal vicinato più lontano. Se l’Europa vuole essere leader globale nel campo della lotta al cambiamento climatico, ma anche economico, dobbiamo coinvolgere tanti altri partner. L’importanza di questa regione è da sottolineare”, ha risposto Weigand. Ripeto che vogliamo essere fermi nei nostri principi, nel difendere i valori comuni che abbiamo sottoscritto e nei quali crediamo, ma ci serve anche la flessibilità sufficiente per poter collaborare con tutti coloro che magari non si considerano sempre di mentalità simile alla nostra. Riconosciamo le sfide globali che ci impongono di collaborare anche con quanti non condividono questa mentalità. La regione è fondamentale anche per combattere il cambiamento climatico visto che è responsabile del 50% delle emissioni di anidride carbonica, quindi dovremo collaborare con la Cina per proteggere la biodiversità che è un altro ambito, ma anche considerando le sfide che abbiamo in Afghanistan e in Myanmar, nella penisola della Corea. L’UE intende rafforzare la collaborazione strategica con l’Indo-pacifico perché è pienamente compatibile con l’approccio del 2018 tra UE e Cina. Dobbiamo anche rafforzare le organizzazioni regionali come il Forum delle isole del Pacifico e intensificare la collaborazione con tutti i partner della regione nelle organizzazioni mondiali.

L’impegno europeo nella regione è ben accolto da tanti Paesi che non vogliono necessariamente che prendiamo una posizione a favore di questo o di altro. Non dobbiamo inquadrare la regione da un ottica cinese oppure anti-cinese, ci sono tanti altri Paesi e quindi c’è possibilità per una strategia fortemente europea e che proviene da Paesi come Giappone o India. La parte cinese non è entusiasta che stiamo sviluppando partenariati in quell’area: si tratta di una vasta gamma di cooperazioni diversificate che porteremo avanti in modo pragmatico sulla base di valori o principi condivisi. Ci rivolgeremo a quelli con cui abbiamo già sviluppato accordi. Le dettagliate conclusioni del consiglio danno le indicazioni chiave: coinvolgendo tanti altri a favore di uno stato Indo-pacifico aperto e con una serie di politiche più mirate si possono trovare risposte alle sfide poste dalla Cina. Non solo inquinamento o pesca o aree protette per biodiversità nel mar Cinese Meridionale: si tratta anche di sicurezza marittima coordinata, con marine di paesi membri che diano contributo alla sicurezza e quindi anche di stabilire aree di influenza. È una presenza non necessariamente gradita a tutti, ma ci sarà la presenza europea in queste aree in cui ci sono suoi interessi diretti e c’è anche un trattato amicizia e cooperazione nel Sud-Est asiatico.

Ci sono anche differenze profonde, nell’area, per quanto riguarda democrazia e stato di diritto da una parte e sistemi autocratici dall’altra. Seguiremo il vertice ASEAN che sarà concentrato su Myanmar. Cercheremo di essere d’aiuto agli sforzi di ASEAN per rilanciare gli sforzi diplomatici dopo la crisi di Myanmar. Seguiamo da vicino gli sviluppi per Taiwan. L’obiettivo è per una riunificazione volontaria, che abbiamo visto possibile anche in Europa”.

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